giovedì 30 novembre 2006

Levissima: altissima, purissima, FASCISTISSIMA

Il 23 febbraio 1917, Benito Mussolini, ferito al fronte durante la prima guerra mondiale, viene ricoverato all'ospedaletto di Doberdò. Il Duce, dirà inseguito: "trovai un'assistenza affettuosa e premurosissima" "il capitano medico dott. Giuseppe Piccagnoni (di Cepina in Valdisotto) direttore dell'ospedale di Busto Arsizio ed i suoi assistenti mi curano come se fossi un loro fratello."
Come non bastasse l'ospedaletto, nonostante la croce rossa sul tetto, il 18 marzo fu bombardato da un aereo nemico: "un polverone bianco e denso si diffonde dalle camerate sulle scale, gli urli riempiono l'edificio… tutti i feriti della camerata li hanno trasportati nella mia. Il dott. Piccagnoni stava operando un ferito gravissimo. Dopo lo scoppio è corso di sopra. Ha messo un po' d'ordine. Ha rincuorato tutti. E' stato ammirevole di calma e sangue freddo. Sistemati i feriti è tornato a terminare l'operazione."
Durante la Prima Guerra Mondiale, insomma, il professor Piccagnoni, proprietario dell'Hotel Cepina, ufficiale medico in un ospedale sul Carso, si ritrovò a curare il Caporale di una squadra di bersaglieri gravemente ferito da un proiettile.
Anni dopo, quel Caporale dei Bersaglieri divenne il capo del Governo italiano. Così, nel 1935, quando il professor Piccagnoni ebbe bisogno di un aiuto perché la Levissima venisse riconosciuta dal Ministero della Sanità quale acqua curativa, si rivolse a Mussolini, portando al Duce una foto ricordo che lo ritraeva, con sotto l'autografo:
"Al Prof. Gaspare Piccagnoni che mi salvò la vita: Benito Mussolini."

1 commento:

Anonimo ha detto...

Un altro Valtellinese oltre che il Dott. Piccagnoni aiutò Benito Mussolini in quel momento difficile: Il Sergente Salvatore Gasparini di Villa di Tirano.
Si racconta che durante il ricovero a Doberdò un giorno il futuro Duce tirò fuori la pistola dicendo: "mi ammazzo". Fu proprio Salvatore Gasparini a bloccare Mussolini, dissuadendolo dal compiere quel gesto irreparabile. I due erano vicini di branda come prercisa un giornale valtellinese nel Febbraio del 1917.
Gasparini subirà l'amputazione di una gamba.
La storia è raccontata ancora oggi a Villa di Tirano.